Il mancato recepimento non può limitare l’autonomia pianificatoria degli enti locali.
Con la sentenza del 15 febbraio 2021, n. 1339 il Consiglio di Stato interviene a definire il tema relativo all’impatto delle definizioni uniformi contenute nel Regolamento edilizio sulle previsioni dimensionali degli strumenti urbanistici vigenti. Si ricorda che il Regolamento edilizio tipo è stato approvato con l’Intesa del 20 ottobre 2016 e ad oggi quasi tutte le Regioni si sono adeguate allo schema di regolamento e hanno recepito le 42 definizioni uniformi (vedi “Dossier Regolamento Edilizio tipo”).
L’intesa all’articolo 2, comma 4, ha espressamente previsto che “Il recepimento delle definizioni uniformi non comporta la modifica delle previsioni dimensionali degli strumenti urbanistici vigenti, che continuano ad essere regolate dal piano comunale vigente ovvero adottato alla data di sottoscrizione della presente intesa”.
Per il Consiglio di Stato questa norma fa salvo il principio della «invarianza urbanistica» e dunque non può spingersi fino al punto di superare le norme tecniche di attuazione contrastanti del piano regolatore comunale. Ne consegue che “Il mancato rispetto da parte del Comune del termine per l’adeguamento del proprio Regolamento edilizio non può avere effetti così radicalmente eversivi sulla autonomia pianificatoria degli enti locali”.
In particolare, è stato accolto il ricorso proposto dal Comune in riforma della sentenza del Tar puglia n. 58/2020 relativo all’annullamento in autotutela di una SCIA rilasciata in alternativa al permesso di costruire presentata per un intervento straordinario di demolizione e ricostruzione con bonus volumetrico ai sensi Legge regionale 14/2009 (Piano casa). Il Comune aveva proceduto al relativo annullamento ritenendo che nel conteggio della volumetria si era tenuto conto della definizione contenuta nel RET (n. 46 relativa al “Volume edificabile”), come recepita a livello regionale, che esclude dal calcolo le superficie accessorie le quali, invece, non potevano essere applicate perché il Comune non aveva ancora proceduto all’adeguamento del proprio Regolamento edilizio.
Secondo il Consiglio di Stato la stessa legge regionale della (LR 11/2017), pur ribadendo il dovere dei Comuni di adeguare i propri regolamenti edilizi allo schema di Regolamento edilizio tipo, recepito in sede regionale, ha precisato che “i Comuni procedono alla formulazione del regolamento edilizio in conformità con le definizioni uniformi, provvedendo a mantenere invariate le previsioni dimensionali degli strumenti urbanistici vigenti” ed aggiunge che “i comuni possono procedere altresì all’adeguamento delle norme tecniche d’attuazione degli strumenti urbanistici generali vigenti alle definizioni uniformi, mantenendone invariate le previsioni dimensionali. La deliberazione del consiglio comunale non costituisce variante urbanistica”. (art. 2, comma 5)
In conclusione, la disciplina edilizia ed urbanistica dei Comuni resta (quanto meno in relazione al fondamentale dato del “dimensionamento urbanistico”) inalterata nelle more della modifica dei relativi strumenti di governo del territorio, procedimento cui gli Enti locali sono comunque tenuti al fine di pervenire ad un’armonizzazione del relativo contenuto con il R.E.T. recepito a livello regionale.