Il credito d’imposta per il riacquisto della prima casa spetta anche quando, al momento del nuovo acquisto, il contribuente non ha ancora alienato la “precedente” prima casa, a condizione che proceda alla vendita entro due anni.
Ferma la spettanza del credito, laddove l’acquisto avvenga in regime di comunione, la quantificazione deve avvenire per quote.
Questi, in sintesi, i chiarimenti forniti con la Risposta n. 238 del 10 settembre 2025, con cui l’Agenzia delle Entrate torna sul tema del credito d’imposta spettante per il riacquisto della prima casa. Da una parte, l’interpello fornisce una conferma: il nuovo termine di due anni per procedere alla vendita dell’immobile agevolato pre-posseduto si applica anche al credito d’imposta per il riacquisto della “prima casa”.
Si ricorda, al proposito, che l’art. 1, comma 116, della legge di bilancio 2025 (L. n. 207/2024) ha ampliato da uno a due anni il termine entro cui il contribuente può rivendere l’immobile acquistato con l’agevolazione “prima casa” senza decadere dal beneficio per il nuovo acquisto.
Al riguardo, già con la risposta n. 197/2025 l’Agenzia delle Entrate si era espressa circa l’estensione di tale “nuovo” termine, chiarendo come lo stesso trovi applicazione e abbia valenza anche ai fini del credito d’imposta per il riacquisto, di cui all’art. 7 della L. 448/98. Dall’altra parte, la Risposta in oggetto fornisce anche ulteriori chiarimenti sulla quantificazione e sulle modalità di fruizione del credito. Nel caso di specie, l’istante aveva acquistato in comunione con il coniuge, al 50% ciascuno, la prima casa, beneficiando della relativa agevolazione di cui alla Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86.
A seguito del decesso del coniuge, la sua quota, pari al 50%, veniva trasferita per successione all’istante ed al figlio per un 25% ciascuno. Con la conseguenza che il soggetto istante risultava titolare del 75% dell’immobile. Ciò premesso, l’istante, avendo acquistato una nuova abitazione, intende fruire dell’agevolazione “prima casa” e del credito d’imposta per il riacquisto e, a tal fine, si impegna a rivendere la “precedente” prima casa entro due anni dal nuovo acquisto, come previsto dall’art. 1, comma 116, della L. 207/2024.
Sul punto, chiede chiarimenti all’Amministrazione finanziaria circa l’effettiva spettanza e quantificazione del credito.
L’Agenzia delle Entrate precisa che il credito d’imposta è strettamente personale, motivo per cui deve essere calcolato in proporzione alla quota di proprietà effettivamente posseduta.
In sostanza, il credito “compete al contribuente che, al momento dell’acquisizione agevolata dell’immobile, abbia alienato da non oltre un anno la casa di abitazione da lui stesso acquistata con l’aliquota agevolata prevista ai fini dell’imposta di registro o dell’IVA”.
Tanto è vero che “un soggetto che abbia alienato un’abitazione pervenutagli per atto di donazione o successione, ancorché sia stata a suo tempo acquistata dal donante o dal de cuius con le agevolazioni prima casa, non potrà avvalersi del beneficio in commento”.
Dunque, il credito non può considerarsi spettante in caso di alienazione di un immobile ricevuto per o successione.
In considerazione di quanto sopra, nel caso di specie, ai fini del credito d’imposta rileva esclusivamente la quota del 50% dell’immobile pre-posseduto acquistata dall’istante. È, invece, irrilevante che, per successione del coniuge, abbia acquisito un ulteriore 25%.
Considerato che l’importo del credito d’imposta è commisurato all’ammontare dell’imposta di registro o dell’IVA corrisposta in relazione al primo acquisto agevolato e che, in ogni caso, non può essere superiore alla imposta di registro o all’IVA corrisposta in relazione al secondo acquisto, occorrerà confrontare:
Il minore di questi importi potrà essere portato in diminuzione nel modello 730.